IN GREMIO MATRIS

IL TRONO DELL'ALTISSIMO CHE DAL FIAT ALLA CROCE
ACCOMPAGNA LA STORIA DELLA SALVEZZA


13 Maggio 2017, Beata Vergine Maria di Fatima

S
opra l'altare maggiore di una chiesa di montagna, in un villaggio adagiato sul fianco orientale di una valle alpina, troneggia un antico affresco. Maria SS.ma è seduta frontalmente, il capo coperto da un velo scuro che ricade leggero sulle spalle e lo sguardo dritto davanti a sé, gli occhi rivolti ai devoti che salgono fin quassù ad osservarla. I tratti dello stile romanico del dipinto sono ruvidi, essenziali, ma lasciano trasparire sul volto roseo della Vergine un'aria di serena compostezza. Tutto è immobile in questa immagine, tutto è quiete. Ogni gesto è compiuto, ogni cosa è come deve essere. Non è l'istantanea di un tempo che si è fermato, sospeso in un attimo di cui è possibile immaginare un prima e un dopo. È sempre.


La mano destra di Maria regge con grazia all'altezza del viso tre rose  vessillo di purezza e fede trinitaria , mentre la sinistra accoglie dolcemente nello spazio intimo del grembo materno il corpicino pieno di vita del Figlio benedicente.

In gremio Matris sedet Sapientia Patris
Tenendolo sulle sue ginocchia la Vergine lo nutre con il suo latte. Un gesto di intimità profonda in cui si riverbera ogni dolcezza materna, che rafforza il portato di sacralità del dipinto insieme alla sensazione di trovarsi di fronte alla rappresentazione confidenziale di un legame inviolabile. Due corpi distinti  ma fusi in un'immagine che è evidentemente unica. Aderendo al Verbo con tutta l'anima, accogliendolo senza riserve, Maria ha stabilito con Esso un connubio indissolubile. La simbiosi della Madre con il Figlio, che si è realizzata nella pienezza del tempo nel grembo materno, ha  così conservato la sua impronta profonda anche dopo la Natività. Tutta la sua verità sta lì, alla portata dello sguardo dei secoli, riflessa nel gesto di Maria che con tutto l'amore di cui è capace nutre con il suo seno la Vita, dopo averla nel suo seno accolta, custodita, protetta.


Sul fondo dell'affresco, ai piedi del Bambino, è posto un cartiglio con un'iscrizione in latino che compendia in una frase lapidaria il senso più profondo dell'insieme: «In gremio Matris sedet Sapientia Patris», Nel grembo della Madre siede la Sapienza del Padre. Sintesi efficace di una realtà immensa, come immenso è il mistero che fece del grembo della Vergine – che dal «Fiat» fino alla deposizione ha accolto per intero la storia della Salvezza – il trono temporale dell'Altissimo, come scrisse il beato domenicano Jacopo da Varazze nei Sermones Aurei, almeno un secolo prima che il dipinto venisse realizzato: «Christus enim fecit ipsam thronum suum dum esset in utero suo».

Questo affresco, a prima vista una Virgo lactans come tante, è stato dipinto in origine sul muro esterno di una chiesetta parrocchiale da un pittore il cui nome è noto ormai solo a Dio, che lo ha scelto per realizzare un'immagine destinata a diventare strumento di grazia. È l'immagine miracolosa della Madonna di Re, paese della Val Vigezzo tra Domodossola e il confine svizzero, dalla cui fronte ferita dal lancio sacrilego di un sasso da parte di un valligiano, in una sera di fine aprile del 1494, sgorgò per venti giorni sangue vivo.

Quel sasso, scagliato con rabbia contro la parete affrescata della chiesa di San Maurizio martire, aprì uno squarcio sul Cielo, che dischiuse ai limitati sensi umani la possibilità di contemplare la realtà soprannaturale. Per volontà divina, l'amore ferito della Madre rispose all'empio gesto dell'uomo, di ogni uomo –
«Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra» (Gv 8,7) –, con la compassione più totale. Il sangue che prese a scorrere dalla piaga aperta sul volto eternamente giovane di Maria, mostrando in silenzio il dolore dell'offesa, fu un appello drammatico e tenero alla contrizione e alla conversione, da cui solamente passa ogni speranza di vita eterna.

Attorno al dipinto della Vergine del Latte, poi Madonna del Sangue, su cui il Cielo con il Miracolo mise il suo sigillo, quattro secoli dopo venne innalzata un'imponente Basilica che inglobò sotto la sua grande cupola la chiesa di San Maurizio, stagliandosi maestosa contro i fianchi della valle inverditi dai boschi di faggi e pini, a perenne ringraziamento alla Madre che non risparmiò il suo sangue per indicare ai figli la via del Cielo.


M.R.